Risotto e vino

Mi Chiamo Augusto Oriani ,In italia ho fatto la Scuola Alberghiera ,e sono Un Tecnico dei Servizi della Ristorazione . sono anche un Consulente della Ristorazione My name is Augusto Oriani, In Italy I did the Hotel -Restaurant School, and I am a “Technician of FoodService” . I am also FoodService Consultant

Il riso è una pianta erbacea annua appartenente alla famiglia delle graminacee e – nonostante la sua origine sia da ricondursi ai paesi dell’Asia orientale – oggi è diffuso ovunque nel mondo, rappresentando una delle più importanti risorse per l’alimentazione umana .

L’uso in cucina del riso è principalmente determinato dalla sua resistenza alla cottura e dalla collosità, cioè la capacità di cedere l’amido durante la cottura. Un riso con maggiore resistenza alla cottura e una minore collosità, presenterà – al termine della cottura – un chicco più integro e compatto, mentre un riso con scarsa resistenza alla cottura e alta collosità, tenderà a sfaldarsi e a perdere consistenza con la cottura.

Un detto popolare ci ricorda che il riso nasce nell’acqua e muore nel vino, (La nascita del riso”, ovvero la coltivazione, avviene nei campi allagati; “la morte del riso”, ovvero il miglior modo per degustarlo, consiste nell’abbinarlo ad un buon bicchiere di vino). ma in verita’non muore per nulla: MUORE PER RISORGERE RISOTTO.

Quando si cucina un risotto, infatti, il riso si mette crudo in padella a tostare con burro,  olio e l’inseparabile cipolla. E prima che imbiondisca troppo fino ad arrostire, arriva l’intervento del vino a stemperare il calore e rianimare il chicco, inebriandolo nell’attesa di essere di nuovo sommerso, ma questa volta dal brodo bollente. È la sfumata – come dicono i cuochi -, che ti sbuffa insinuante nelle narici per farti ricordare il suo profumo.

Il vino bianco lo usi per ottenere un risultato delicato, raffinato. Essenziale. Che coglie il presente e si proietta nel futuro. Puoi usare pochissimi ingredienti o nessuno, oppure dedicarti  alle ricchezze del mare, ma il suo contributo sarà sempre irrinunciabile.

Con il vino rosso, invece, al risotto gli dai sostanza, forza e tradizione. Fai riemergere il passato con tutta la sua sapienza, la sua laboriosità, la sua fatica, e la sua storia. Dopo averlo sfumato, puoi farlo accompagnare solo dal maiale: l’unico che ne ha diritto. Che si presenta sotto forma di salsiccia, lardo, cotenna, costine e l’elenco potrebbe continuare, perché si sa, del maiale non si butta via niente,  e tante cose possono finire proprio nel risotto.

Ma anche l’orto vuole fare la sua parte, sempre, non solo durante le stagioni in cui offre di più. Così, quando il freddo non permette grandi varietà, ci pensano cavoli e zucche a dare un contributo,  o quello che si conserva durante la bella stagione, come ad esempio i fagioli.

E’ così che il risotto assume i tratti del suo carattere. Si differenzia, si distingue: tira fuori la sua carta d’identità. È un popolo variegato quello dei risotti. La differenza dipenderà dalle sue origini, dal luogo in cui è cresciuto, da chi ne ha avuto cura e da chi incontrerà. Potrà quindi essere Panissa o Paniscia, Milanese o Ubriaco, e col nome di chiunque lo accompagni. . .

 

Qualunque sia l’origine e il punto di partenza, è il brodo che lo traghetterà  fino al suo traguardo, versato con cura prima che si asciughi del tutto, perché il riso per sua natura… VUOLE STARE SEMPRE A BAGNO.

Il brodo ha la sua importanza. Va rispettato e insaporito da ciò che gli spetta, non dalla casualità o peggio ancora dalla banalità. Non occorrono particolari ingredienti, di solito si fa con gli scarti. Nel caso lo si voglia mantenere leggero e adatto a tutto, bastano una carota, una costa di sedano e una cipolla. A questi si possono aggiungere ossa di carne o pelle e teste di pesce, dipende dove si vuole andare a parare. Nessuno può dire che sia impegnativo, che ci vogliano ingredienti particolari e costosi. E allora perché ricorrere ad artifizi liofilizzati, macinati, spremuti, insaporiti, additivati,  sulle cui scatole campeggia talvolta una bella e simpatica signora con il sorriso rassicurante? Perché ci attrae? Perché ci conforta? Può essere!

Mestolo dopo mestolo arriviamo alla mantecatura. È l’ultimo tocco. La morbidezza del burro che si incontra con la ruvidezza del Parmigiano, e insieme si accasciano su un divano vellutato. Il cucchiaio di legno orchestra il connubio. Affonda e rotea, guidato da mano attenta, finchè non trova la giusta consistenza.  Il risotto è pronto!

Ma è meglio lasciarlo riposare un po’ nella pentola prima di servirlo. È il momento in cui prende coscienza di chi è diventato e dell’ ammirazione di chi l’ha preparato. Un incontro sensoriale totale, che si compie tra la lingua e il palato ad occhi chiusi, inspirandone il profumo. Soli, con lui, prima di condividerlo con il resto dei commensali, che potranno sì gustarlo e apprezzarlo, ma non potranno mai vivere la completezza di un incontro e di una strada percorsa insieme.

Ci sono delle regole base affinate in anni di ricerca gustativa.

Vediamo le tipologie più diffuse dei piatti a base di riso, e i loro abbinamenti ideali.

 

Arancini

Vino rosso leggero, preferibilmente vivace   Grignolino, Freisa d’Asti, Lambrusco Secco

 

Minestre di riso

Vino bianco leggero e non troppo aromatico Erbaluce di Caluso, Malvasia dei Colli Piacentini 

 

Risotti con salumi

Vino rosso giovane, di media struttura , Chianti, Dolcetto, Bardolino

 

Risotti con verdure o legumi

Vino bianco aromatico, di struttura media   Muller Thurgau, Verdicchio, Riesling, Frascati 

 

Risotti con pesce o molluschi  

Vino bianco particolarmente secco e dalla buona struttura  Gavi, Fiano di Avellino, Pigato di Albenga Gavi, Fiano di Avellino, Pigato di Albenga

 

Dolci di riso  

Vino dolce, di basso tenore alcolico  Moscato d’Asti 

Ovviamente le ricette più complicate o dai sapori particolari richiedono un abbinamento specifico.Ad esempio, se cuciniamo un risotto con i carciofi, servirà un vino bianco particolarmente morbido, per contrastare l’amaro del carciofo. La scelta si orienterà quindi su un Orvieto, uno Chardonnay o un Arneis.

Sull’abbinamento ideale con il Risotto alla Milanese si discute da anni. La tradizione lombarda impone di farlo cuocere nel vino rosso, che in effetti contrasta il grasso rilasciato dal midollo ma rischia di soffocare gli aromi dello zafferano.

Per un risultato più equilibrato e armonioso, consigliamo un vino bianco o rosato di buon corpo e struttura, come il Pinot Grigio, il Franciacorta, il Soave.

Nelle minestre di riso e verdura, il compito del vino è di esaltare i profumi della verdura. Serve quindi un vino giovane, delicatamente aromatico, da servire fresco.

E il classico risotto al ragù, ricetta tipica di ogni nonna italiana? L’ideale è accompagnarlo con lo stesso vino che si è usato nella preparazione del ragù; se invece il sugo è stato preparato senza vino, si può scegliere un vino che sia in sintonia con la carne utilizzata. Ad esempio, con il ragù di coniglio ci sta bene un Rosato del Salento, con un ragù di vitello un Nebbiolo o una Barbera; se il ragù è di salsiccia, un Chianti giovane.

Per il gustosissimo risotto ai 4 formaggi possiamo spaziare dalle eleganti bollicine di un Franciacorta o di un Prosecco Valdobbiadene a un rosso leggero come il  Rossese di Dolceacqua.

Prima di procedere con alcune proposte di abbinamenti , va ricordato che spesso le stesse uve, coltivate in territori differenti, danno vita a vini molto diversi. Quindi una regola perfetta per l’abbinamento risotto vino non esiste. Ma ciò non toglie che si possano elencare gli aspetti da tenere bene in mente per fare un abbinamento giusto.

Chiudiamo con una regola base che aiuterà i gourmet a districarsi con gusto su ogni ricetta.

Visto che il riso è una cassa di risonanza del gusto, capace di accogliere ed esaltare qualsiasi sapore, bisogna semplicemente pensare a quale vino si abbina meglio con l’ingrediente base del piatto di riso: il formaggio, la carne, il pesce, la verdura. E il gioco è fatto

Augusto Oriani

 

 

Comments

  1. Molto interessante. Chi conosce i propri piatti del territorio di origine ha la memoria gustativa più precisa grazie all’imprinting sia familiare che ambientale. E ha più rispetto di certi prodotti e loro utilizzo.

    1. Ciao Fabrizio, grazie per il commento!
      che ne diresti di condividere la tua esperienza sulla memoria gustativa?

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