Anfore - tra passato e futuro

Appassionata di vino e Sommelier AIS, collaboro con la guida SLOW WINE. Curiosa e sempre alla ricerca di nuove cose da scoprire e condividere sull'affascinante mondo del vino.

 

 


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Amarone della Valpolicella Classico DOCG - Santa Sofia, Cl 75


 

L’uso dell’anfora nelle diverse fasi della vinificazione risale a tempi antichissimi.

Infatti, l’anfora in terracotta è il contenitore più antico utilizzato per la produzione, la conservazione e il trasporto del vino nell’area mediterranea.

Si pensi che in questi ultimi anni è stato ritrovato in Iran un contenitore in terracotta che pare risalire al 5.000 a.C. !

Tuttavia la storia ci insegna che, nel corso dei secoli, l’uso delle anfore venne sostituito quasi ovunque dai contenitori in legno, grazie a una tecnica adottata inizialmente dai paesi del Nord Europa, dove questo materiale abbondava.

Solo in Georgia (dove il vino nasce 5.000 anni fa) i vignaioli hanno conservato nel tempo le tecniche ‘ancestrali’ di produzione di vino nelle anfore in argilla, qui denominate Qvevri.

I mosti vengono conservati nei Qvevri interrati fino alla primavera successiva; qui avviene la prima fermentazione e poi l’affinamento del vino. In alcune aree della regione viene applicata anche la tecnica della macerazione sulle bucce.

 

Solo recentemente si sta assistendo, anche in altre regioni, a un ritorno al passato.

Pensando a luoghi più vicini a noi, non si può non parlare di Josko Gravner, che nella sua cantina nel Collio, a cavallo tra Italia e Slovenia, agli inizi degli anni 2000 abbandona la vinificazione convenzionale a favore delle grandi anfore in terracotta interrate.

I critici di settore scrivono di lui: “Il suo vino supera il tempo; è l’assoluto, l’armonia”.

E a proposito delle anfore, Josko dice:

 

“Aiutano l’uva a trasformarsi in vino, da sola. Amplificano la qualità dei chicchi, ma anche i difetti, per questo l’uva deve essere di grande qualità”. E ancora “Il ritorno alla storia è l’unica via verso la qualità”.

 

Durante una recente ed emozionante visita presso la cantina Albino Armani 1607 a Marano di Valpolicella, ho avuto l’occasione di ‘toccare con mano’ (in tutti i sensi!) l’uso che ora anche in Valpolicella si fa delle anfore.

 

Anfora Albino Armani
In visita presso la cantina Albino Armani di Marano di Valpolicella

 

Accompagnandoci nella suggestiva cantina sotterranea scavata nella roccia vulcanica (materiale che contraddistingue e rende unici la vallata di Marano e i suoi vini!), Albino ci ha invitato a toccare le sue anfore: una sensazione di calore e di grande vitalità!

 

Anfora Albino Armani
In visita presso la cantina Albino Armani di Marano di Valpolicella

 

L’argilla è un materiale naturale esattamente come il legno ma, al contrario del legno, non cede sapori terziari al vino.

Ecco perché Albino ha scelto di utilizzare le anfore per l’affinamento del suo Ripasso.

 

Una scelta ‘naturale’ iniziata con la vendemmia 2015 e che permette al vino di mantenere intatte le sue caratteristiche varietali.

 

Anfore in Cantina a Marano di Valpolicella
In visita presso la cantina Albino Armani di Marano di Valpolicella

 

Il Valpolicella Classico Superiore Ripasso Albino Armani viene affinato almeno 6 mesi in anfora, per proseguire poi per altri 12 mesi in botte grande.

La microssigenazione derivante dall’uso dell’anfora consente di smussare le componenti ‘verdi’ tipiche delle uve raccolte sulle colline a elevata altitudine come quelle di Marano (circa 450 mt s.l.m).

Questa tecnica ci regala eleganti note balsamiche al naso, dove la menta si amalgama al frutto rosso croccante; al palato è piacevolmente impostato sulla freschezza, di corpo snello e caratterizzato dall’elevata nota alcolica.

L’abbinamento perfetto? un piatto di formaggi stagionati, ricchi di sapore e di grassezza, magari accompagnato dalle note di un brano jazz!

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