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Esperta di internazionalizzazione d'impresa e di Paesi lusofoni. Social media manager e web content. Eclettica, appassionata di viaggi, sempre alla scoperta di nuove esperienze.

Spesso da buon consumatore attento mi soffermo sulle etichette dei prodotti che acquisto e ho notato, così come suppongo molti di voi, che molti cibi e bevande sono accomunati da un particolare: i solfiti.

I solfiti sono molecole formatesi dall’unione del solfito, ovvero uno ione negativo composto da zolfo e ossigeno.

In realtà nel vino dobbiamo fare una distinzione tra solfiti naturali e additivi.

I primi sono quelli che si formano naturalmente durante la prima fermentazione dell’uva, momento in cui si forma l’anidride solforosa.

Tali solfiti non vengono dichiarati in etichetta proprio perché parte integrante di un processo naturale di produzione del vino.

Ci sono poi quelli aggiunti e, nel caso del vino, così come per gli altri prodotti alimentari, questa aggiunta serve per fronteggiare diversi scopi.

Ad esempio in un primo momento per evitare lo sviluppo di batteri e procedere con una buona fermentazione.

Nella vinificazione dei rossi i solfiti contribuiscono ad estrarre il colore e a stabilizzarlo ed, infine, vengono usati per la conservazione, per limitarne l’ossidazione.

 

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Anche tanti altri cibi, come succhi di frutta, marmellate, frutta secca e/o disidratata contengono solfiti per ridurre i rischi di deterioramento e perché fungono da antiossidanti, da coloranti e da conservanti per l’appunto.

 

 

Ottenere un vino con zero solfiti è dunque impossibile!

Tale diatriba sui solfiti ha portato oggi ad una sempre più diffusione dell’uso del vino biologico.

Da Disciplinare, che è stato approvato solo recentemente, ovvero nel 2012, il vino biologico o da agricoltura biologica, per essere definito tale deve avere un basso contenuto di anidride solforosa.

In linea generale si può affermare che un vino bianco contiene più solfiti di un rosso e in particolare i bianchi dolci.

 

Normativa Europea sull’uso dei Solfiti

Se un vino contiene meno di 10 milligrammi di solfiti per litro è considerato un ‘vino senza solfiti’ e dunque non ne troveremo traccia in etichetta.

Secondo il Regolamento Comunitario per i vini rossi bisogna attestarsi a 150 mg/l mentre per i bianchi a 200 mg/l.

Tali limiti aumentano nel caso di vini dolci, a 200 mg/l per i rossi e a 250 mg/l per i bianchi.

Queste differenze sono dovute principalmente alle modalità di autoconservazione dei vini, un vino bianco, di fatto, tende a deteriorarsi più rapidamente di un rosso.

Per i vini biologici, come detto in precedenza, i limiti si riducono ulteriormente: 100 mg/l per i rossi e 150 mg/l per i vini bianchi e i rosati.

Inoltre i solfiti non influenzano le proprietà organolettiche del vino, sempre se utilizzati in maniera corretta e in giuste proporzioni.

L’anidride solforosa ha il compito di stabilizzare il vino, preservandone aromi e odori.

Al contrario un uso eccessivo avrà effetti disastrosi sul vino.

Il profumo sarà coperto da quello dello zolfo e, peggio ancora, si avranno degli aromi simili all’aglio.

Di seguito un elenco delle sostanze chimiche contenenti solfiti e che possiamo trovare nelle etichette di svariati vini e prodotti alimentari e i relativi codici:

 

  • Anidride solforosa/E220;
  • Solfito di sodio/E221;
  • Bisolfito di sodio/E222;
  • Metabisolfito di sodio/E223;
  • Metabisolfito di potassio/E224;
  • Solfito di potassio/E225;
  • Solfito di calcio/E226;
  • Bisolfito di calcio/E227
  • Potassio solfito acido/E228.

 

 

Ma quali sono gli effetti collaterali dei Solfiti?

Una volta analizzate tutte le informazioni di base sui solfiti, a cosa servono e perché vengono utilizzati, la nota dolente è un’altra: fanno male?

La European Food Information Council classifica i solfiti come allergeni.

Ma attenzione: è solo una semplificazione della normativa.

L’anidride solforosa non è certamente una sostanza raccomandata dai nutrizionisti per la nostra salute, tuttavia non è neanche il peggiore dei conservanti adoperati dalle industrie alimentari.

Le reazioni che provocano i solfiti non sono infatti reazioni allergiche.

Sai quando ti svegli con la testa pesante per il troppo vino bevuto e dai la colpa alla sua qualità scadente? Questo mal di testa viene proprio dall’eccesso del solfito presente nel vino, per aiutare nella conservazione e facilitare il processo di affinazione.

Ma il solfito può anche causare tosse, mal di stomaco, prurito, ma mai (o soltanto in casi davvero eccezionali) shock anafilattici.

Si tratta di reazioni di sensibilità. Eccessivo dunque puntare il dito con tanta tenacia contro i solfiti.

Se ben dosati, non sono nocivi.

 

 

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Al contrario, i vini DOC e DOCG che seguono dei Disciplinari rigidi, rispettando dosi e tempi anche nell’utilizzo di solfiti, sono ottimi vini, in grado di deliziare il palato, chiaramente sempre se non si esagera!

Dunque ora saremo più consci nell’acquistare un buon vino e goderci il nostro pasto, sapendo scegliere con più attenzione.

Un ultimo suggerimento: lasciate ossigenare il vino nel bicchiere prima di berlo, questo semplice passaggio libererà circa il 30-40% dell’anidride solforosa contenuta in esso. 😉

 

Ullo – la soluzione pre rimuovere i Solfiti e quindi il Mal di Testa

Oggi, arriva dalla Finlandia la soluzione ULLO, che filtra solfiti subito prima di bere il vino. Infatti i solfiti servono per la produzione del Vino, ma non hanno nessuna rilevanza sul gusto quando si beve.

Vedi il piccolo clip spiegando la soluzione ULLO:

 

Ullo per eliminare i solfiti

 

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