che significa DOP – DOC – IGT – IGP

Esperta di internazionalizzazione d'impresa e di Paesi lusofoni. Social media manager e web content. Eclettica, appassionata di viaggi, sempre alla scoperta di nuove esperienze.

 

 

DOP – DOC – IGT – IGP sono i tanti acronimi relativi alle denominazioni di origine costellano il meraviglioso mondo dei prodotti Made in Italy, al fine di garantire una maggiore protezione contro le contraffazioni e il cosiddetto fenomeno dell’italian sounding, ormai dilagante in tutto il mondo.

L’italian sounding altro non è che l’utilizzazione di denominazioni geografiche e immagini che evocano l’Italia per commercializzare prodotti che di italiano non hanno nulla.

Rappresenta di fatto una concorrenza sleale e una truffa ai danni del consumatore e dei produttori italiani.

Basti pensare che a livello mondiale l’italian sounding genera un fatturato pari a 54 miliardi di euro l’anno, più del doppio del valore delle esportazioni italiane nel settore agroalimentare.

Quindi proprio per garantire sempre più il patrimonio agroalimentare italiano, unico al mondo per qualità e invidiato e apprezzato da tutti, sono state formulate diverse nomenclature.

 

Vediamo nel dettaglio le caratteristiche dei marchi DOP e IGP, DOC e IGT

Proprio perché i nostri prodotti sono di altissima qualità, l’Italia rappresenta in Europa il Paese con il maggior numero di denominazioni di origine e indicazioni geografiche.

Grazie alla certificazione europea si ha una sicurezza maggiore a vantaggio dei consumatori, ma anche delle imprese produttrici che vedono tutelato il loro lavoro.

 

cena con vino e wisky

 

Si è cercato col tempo di costruire un quadro sempre più omogeneo a livello comunitario per snellire le procedure e garantire una maggiore protezione.

Per semplificare si è passati da

  • DOC – Denominazione di Origine Controllata e
  • IGT – Indicazione Geografica Tipica, a
  • DOP – Denominazione di Origine Protetta e IGP – Indicazione Geografica Protetta.

Nella precedente normativa si distinguevano i vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD) e i vini da tavola. In quest’ultima categoria vi rientravano i vini da tavola con o senza indicazione geografica.

Per i vini VQPRD era prevista la distinzione tra vini DOC, vini DOCG e vini IGT.

In altre parole si era costruita una piramide di qualità dove i vini DOC e DOCG rappresentano il top e di conseguenza il resto era di minor pregio.

Gli stessi vitigni possono assumere diverse denominazioni a seconda della vendemmia, del tipo di vino che si vuole produrre e commercializzare.

Con la nuova normativa europea che armonizza il mercato, sparisce la nozione VQPRD per fare posto alla DOP, comprendente le DOC e le DOCG.

 

vini prodotti in una zona viticola particolarmente vocata

Al posto delle IGT troviamo ora le IGP ovvero “il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva e che possiede qualità, notorietà e caratteristiche specifiche attribuibili a tale zona”. Anche per questa denominazione sono richieste però analisi chimiche ed organolettiche ben precise.

I vini da tavola sono sostituiti dai vini comuni, che mostrano in etichetta semplicemente il nome del vitigno.

Le DOP e le IGT sono iscritte nel Registro Comunitario E-Bacchus, dove potrete trovare numerose informazioni e statistiche.

In Italia si contano 129 IGT e ben 474 DOP.

 

Riassumendo

  • DOP: prodotti le cui caratteristiche dipendono in tutto o in parte dall’ambiente geografico in cui sono prodotti. Tutte le fasi produttive devono avvenire in quella determinata zona;
  • DOCG: vini regolamentati da un disciplinare rigido, contraddistinti da una zona di origine precisa e molto spesso anche da una sottozona. Sono ricompresi nella denominazione DOP;
  • DOC: marchio di origine italiana utilizzato in enologia e ricompreso oggi nella categoria europea DOP. È un riconoscimento di qualità attribuito a vini prodotti in determinate zone e recanti la medesima in etichetta;
  • IGP: prodotti aventi qualità determinate dall’origine geografica. Almeno una delle fasi produttive deve avvenire in quella determinata zona;
  • IGT: riconoscimento di qualità attribuito ai vini da tavola. Si tratta di vini ottenuti da uve determinate e provenienti da zone ampie ben definite. È un marchio ricompreso in quello comunitario IGP. 

I disciplinari per le denominazioni di origine

I disciplinari raccolgono le regole che i vini a denominazione di origine devono seguire per potersi iscrivere nell’una o nell’altra categoria, sia per quanto riguarda la produzione, ma anche per l’imbottigliamento per i DOCG.

Vigna in crescita

 

Ogni disciplinare stabilisce in modo chiaro quali sono le caratteristiche di qualità del vino:

  • Le zone di produzione;
  • I vitigni ammessi;
  • La resa massima per ettaro;
  • La gradazione alcolica;
  • Le norme per la viticoltura;
  • Le regole per la vinificazione;
  • Le caratteristiche sensoriali;
  • Le norme per l’imbottigliamento.

Ogni anno i vini vengono sottoposti a delle verifiche effettuate da delle commissioni ad hoc che verificano per l’appunto se soddisfano i requisiti richiesti.

Come si diceva inizialmente tutto ciò è stato fatto per tutelare il produttore dalle frondi e rendere più consapevole il consumatore.

Di fatto, molte caratteristiche sono visibili in etichetta e chiunque, anche il poco esperto, potrà capire di che vino si tratta e da dove proviene.

Ultima considerazione, i vini con le denominazioni di origine DOC e DOCG (o più semplicemente DOP) hanno delle ulteriori sottocategorie:

 

  • Classico: tale dicitura indica che il vino è stato prodotto in una sottozona della DOC o DOCG e soprattutto che ha una storia alle spalle;
  • Riserva: vi rientrano i vini che hanno subito un invecchiamento più lungo rispetto a quanto definito dal disciplinare. 2 anni per i vini rossi e 1 anno per i vini bianchi e per gli spumanti fermentati secondo il metodo Martinotti, 3 anni per i vini spumanti fermentati con metodo classico;
  • Superiore: sono quei vini la cui resa per ettaro è al di sotto del 10% previsto dal disciplinare, al fine di migliorare le qualità organolettiche dello stesso e di innalzare la gradazione alcolica di almeno lo 0,5% rispetto allo standard.

Sarebbe presuntuoso voler essere esaustivi su un argomento che è sempre in divenire.

Tuttavia per ulteriori approfondimenti rimandiamo anche al sito del MIPAAF – Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

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