vino sudafricano constantia vitigno

Esperta di internazionalizzazione d'impresa e di Paesi lusofoni. Social media manager e web content. Eclettica, appassionata di viaggi, sempre alla scoperta di nuove esperienze.

Il vino sudafricano è una novità per molti, eppure per chi ama il buon vino il Sudafrica dovrebbe essere una tappa obbligatoria, classificato tra i primi dieci produttori di vino al mondo.

Una storia travagliata a causa del regime segregazionista dell’apartheid, forse uno dei momenti più bui dell’umanità, il vino sudafricano ha tardato a farsi spazio ma appena ha potuto è diventato subito un top ten.

Storia del Vino Sudafricano

Il vino sudafricano vanta una storia abbastanza lunga, circa tre secoli da quando i primi olandesi nel 1659 iniziarono a produrre vino nella zona del Western Cape.

Ancor prima della California e dell’Australia, in Sudafrica già si produceva vino.

Si narra che il padre della viticoltura sudafricana sia stato l’olandese Jan van Riebeeck, un esploratore, nonché fondatore di Città del Capo.

È stato per molti afrikaner una figura di riferimento, anche perché il suo volto era stampato su francobolli e banconote, almeno fino al 1993 quando la Banca Nazionale decise di cambiare le immagini sulle banconote inserendo quelle apolitiche rappresentative della flora e della fauna locale, in seguito soprattutto alla fine del regime bianco.

Anche la festa del 6 aprile in suo onore, che coincideva con il suo sbarco in terra africana, venne abolita nel 1994, dopo le elezioni democratiche e la vittoria dell’African National Congress, di cui Mandela è forse l’esponente più conosciuto.

In realtà Jan van Riebeeck non aveva alcuna nozione in materia di viticultura, tuttavia intuì che sarebbe servito un punto di ristoro per le navi in transito da Capo di Buona Speranza.

Dunque importò dalla Francia alcune viti, forse Chenin Blanc e Moscato e, dopo vari tentativi, nel 1659 venne prodotto il primo vino sudafricano.

Nel suo diario si legge:

2 febbraio 1659:

“oggi, sia lodato il Signore, per la prima volta abbiamo fatto vino con le uve del Capo”.

Si tratta ancora di sperimentazioni, il vino è molto acido tanto che la madrepatria lo rimanda spesso indietro.

Nel 1679 il nuovo governatore della colonia del Capo di Buona Speranza, l’olandese Simon van der Stel, non apprezzando il vino locale, decise di migliorarlo, grazie soprattutto alla sua esperienza maturata in Francia e rinominò la zona vinicola facente parte dei suoi possedimenti Constantia, nome anche della prima cantina in Africa, ancora oggi tra le più famose.

Situata al centro della Penisola del Capo di Buona Speranza, la Valle di Contantia si estende fino al Parco Nazionale della Table Mountain, a dieci minuti di auto da Città del Capo.

Vino Sudafricano al Capo di Buona Speranza

Nello stesso periodo un altro importante evento diede un notevole impulso alla coltivazione della vite.

Circa 200 ugonotti lasciarono la Francia perché perseguitati in seguito alla revoca dell’editto di Nantes e si rifugiarono in Sudafrica portando con sé esperienza e pratiche enologiche.

Nel 1778 vede la luce Cap Constantia, un rosso dolce, un blend di Muscadel, Pontac, Chenin Blanc in grado di competere con i grandi vini europei dell’epoca.

Purtroppo anche il Sudafrica, come molti paesi europei, non è rimasto immune alla filossera, che danneggiò la gran parte dei vitigni.

Solo all’inizio del 1900 i produttori iniziarono a ripiantare di nuovo le viti, prevalentemente Cinsaut, dedicandosi alla loro coltivazione, dando però luogo ad una sovrapproduzione che portò nel 1918 alla creazione di una cooperativa statale, la KWV – Koöperatiewe Wijnbouwers Vereeniging van Zuid Africa (Associazione Cooperativa dei Viticoltori del Sud Africa).

La KWV aveva il compito di fissare dei limiti alla produzione, è ancora oggi presente ma ha un ruolo minore rispetto al passato.

Soltanto nel 1980 si è registrato un cambiamento nell’industria enologica locale.

Piccoli produttori hanno preso il posto delle grandi cooperative riuscendo ad essere più innovativi e competitivi e negli anni 90, con la fine dell’embargo economico, hanno potuto riprendere anche il commercio internazionale.

Zone di produzione

Le regioni vinicole possono essere costituite da più district ovvero zone interdipendenti.

Nel 1993 è stata introdotta la Geographical Unit e ve ne sono ad oggi tre: la GU Western Cape, la GU Northern Cape e la GU KwaZulu-Natal, in quest’ultima sono presenti solo tentativi di coltivazione.

La zona principale e più rinomata è la GU Western Cape che comprende la maggioranza delle denominazioni di origine (Wine of Origins, WO) e le seguenti regioni: Boberg, Breede River Valley, Coastal Region, Klein Karoo, Olifant River.

Ognuna di queste zone andrebbe visitata con calma, avendo a disposizione un auto per muoversi liberamente da una località all’altra e poter ammirare i meravigliosi paesaggi circostanti.

Dovendone scegliere una, la Coastal Region, anche conosciuta come la Two-ocean Region, è per definizione la culla della viticoltura sudafricana.

Il clima è mite, i terreni molto diversi fra loro e gli oceani, quello Atlantico a ovest e quello Indiano a Est garantiscono venti costanti.

Personalmente sono stata a Stellenbosch, considerata la capitale del vino sudafricano e zona vinicola più antica dopo Constantia.

Vengono coltivati in prevalenza Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah, Pinotage (una varietà tipica sudafricana, un incrocio tra Pinot Nero e Cinsaut).

Anche i bianchi, come Chardonnay e Sauvignon Blanc non sono da meno.

La strada è un susseguirsi di vinicole e distillerie.

Mi soffermerò su quella che ho visitato: Spier 1692.Vino Sudafricano da Degustare

Immersa in un enorme giardino, la proprietà include un hotel con relativa SPA e vinoterapia, un ristorante, un wine tasting, un negozio per l’acquisto diretto, un’esposizione di maioliche, viali per addentrarsi tra i vigneti e chiaramente celle e botti di ogni tipo.

La degustazione top prevede l’assaggio di 6 vini, tre bianchi e tre rossi oltre al rosso top d’eccellenza, un’edizione limitata, il Frans K. Smit 2012, un blend 46% Merlot, 32% Cabernet Sauvignon, 17% Cabernet Franc, 5% Shiraz.

Il tutto accompagnato da un ottimo tagliere di formaggi e salumi.

Purtroppo durante il mio viaggio non ho avuto modo di scoprire altre vinicole.

Ad ogni modo più a nord di Stellenbosh troviamo Paarl, rinomata zona vinicola soprattutto per la produzione di vini liquorosi, spumanti e brandy.

In particolare vale la pena soffermarsi a Franschoek (= angolo dei francesi), località dove si insediarono gli ugonotti fuggiti dalla Francia.

Qui i vini sono di qualità e vengono utilizzate in prevalenza uve Sémillon.

La strada dei vini di Constantia è la più antica del Paese e produce vini straordinari.

Il Sudafrica vanta circa 18 strade del vino e oltre alle più rinomate, direi di non perdere la Route 62, la più lunga strada del vino.

L’ho percorsa partendo da Port Elizabeth fino a Città del Capo, rigorosamente in auto.

È un susseguirsi di paesaggi diversi da mozzare il fiato.

Vale la pena perdersi in una delle tante località che si incontrano lungo la strada: Oudtshoorn, Montagu, Hermanus, chi più chi meno vanta tradizioni vinicole non trascurabili.

Vini di qualità in Sudafrica

Nel 1973 venne introdotto un sitema di qualità sull’esempio dei più grandi produttori di vino europei, in particolare francesi e tedeschi.

WO – Wine of Origin è il nome del sistema per regolamentare la qualità dei vini sudafricani.

Incentrato in particolare sulle particolarità geografiche.

Se il vino supera l’esame di una commissione ad hoc, potrà apporre sulle proprie bottiglie il sigillo di certificazione.

In etichetta possiamo trovare le diciture che si riferiscono all’origine, al distretto, all’annata, al vitigno.

Per quanto riguarda l’annata, almeno il 75% deve provenire dall’anno indicato.

In Sudafrica viene consentita solo l’acidificazione, sono vietate altre forme di arricchimento, così come lo zuccheraggio.

Solo una minima parte dei circa 4500 produttori di vino sudafricani può vantare l’apposizione in etichetta del termine estate ovvero proprietà, che sta ad indicare che vinificano e imbottigliano il vino all’origine.

Export e futuro del Vino Sudafricano

Stando ai dati 2015 la produzione di vino sudafricano ha sfiorato i 10 milioni di ettolitri, un 9% al di sopra della media dei precedenti cinque anni.

Crescono i bianchi ripetto ai rossi, almeno questo è il trend che appare al momento.

Il 65% della produzione di vino è bianco.

Il primo vitigno bianco è Chenin, quello rosso è Cabernet Sauvignon.

L’unico vitigno autoctono del Sudafrica è il Pinotage, in lenta crescita.

Il mercato interno è molto forte e nel 2015 ha quasi equagliato le vendite all’estero.

Abbinamento vino-cibo

La cucina sudafricana accontenta davvero tutti i palati e i vini accompagnano bene questo scenario.

Abbinamenti perfetti sia con cibi speziati che non, sia con piatti a base di carne che di pesce, fino ad includere gli ottimi crostacei locali e i dolci davvero squisiti.

Insomma il Sudafrica è stato per me davvero un paese sorprendete che merita di essere visitato e quasi quasi già penso ad un mio prossimo ritorno in terra africana.

Se ti è capitato di assaggiare un vino sudafricano raccontaci la tua esperienza, lascia un commento qui in basso, oppure entra in contatto con il Club del Vino.

 

Che ne dici di far parte del Club del Vino?

Abbiamo 3 opzioni di partnership, a partire da quella GRATUITA.

Per saperne di più, dá un’occhiata al link che segue:

>> Partnership con il Club del Vino <<

Cin-Cin!

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.